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La diminuzione del pubblico avviene (assieme ad altre cause minori) per un motivo di base: perché in Italia alle corse dei cavalli si perde più che in altri Paesi.
Il prelievo sul montepremi delle scommesse (peraltro non esposto al pubblico che scommette) è assurdamente iniquo e non ha eguali nel resto d’Europa.
Lo scommettitore deve far fronte ad un prelievo sulle sue scommesse di oltre il 30% che è una percentuale assolutamente insostenibile e ciò porta con sé tutte le conseguenze del caso (aumento dei “clanda” che possono proporre quote più appetibili, capitali che prendono la strada dell’estero dove è possibile scommettere a condizioni più eque, capitali che prendono la strada verso altri giochi magari meno entusiasmanti ma dove la percentuale di prelievo non è assurda tipo la roulette, ecc.).
L’eccessivo prelievo fiscale danneggia in primo luogo lo Stato stesso, poichè impedisce il miglioramento dell’economia del sistema ippico e non invoglia eventuali nuovi scommettitori a tornare all’ippodromo. In qualsiasi campo l’abbassamento dell’imposizione fiscale aiuta lo sviluppo dell’attività connessa. Inoltre, per logica, una diminuzione della percentuale di prelievo aumenterebbe in maniera inversamente proporzionale il volume delle scommesse quindi l’ammontare del prelievo diminuirebbe solo percentualmente ma non numericamente (cioè, in soldoni allo Stato arriverebbe la stessa cifra): questo perché lo scommettitore quando vince reinveste, perché diminuirebbe la possibilità per i “clanda” di proporre quote molto più alte rispetto al totalizzatore nazionale, perché sarebbe possibile attirare nuove persone all’ippodromo senza quella pubblicità negativa causata dal fatto che “Il mio amico gioca ai cavalli e perde sempre!”.
Purtroppo lo scommettitore è da sempre trattato come una mucca da mungere, quando si tentò di creare una associazione (ricordo con piacere la L.A.S.I. sorta per mano di un gruppo di ragazzi napoletani e che era un associazione che peraltro forniva anche assistenza legale gratuita in caso di controversie) che ci rappresentasse tutte le categorie ippiche (chi più, chi meno) ci boicottarono in tutti i modi e nessuno aveva interesse al fatto che gli scommettitori si associassero. Del prelievo iniquo che grava in maniera drammaticamente eccessiva sulle spalle dello scommettitore ippico italiano non parla quasi nessuno (con vigore mi sembra che recentemente lo abbiano fatto solo Caronna sulla carta stampata e su internet e il sottoscritto e “Zanad” su internet); del resto c’è da tenere anche presente che “Sport e Scommesse” è un giornale finanziato da Snai e “Lo Sportsman” è finanziato dall’Unire. Nel bel Paese quando si scrivono articoli in cui si prendono posizioni di principio poco gradite dal “potere” gli avvertimenti giungono talmente silenziosi da sembrare mafiosi.
Se l’Italia non avesse adottato per le scommesse ippiche la teoria del porcello all’ingrasso ma le avesse considerate come una qualsiasi attività del tempo libero da gravare solo nella misura comune agli altri passatempi, non ci troveremmo nel drammatico periodo di assistere a persone che dall’ippodromo passano lontani per non cadere nella tentazione di entrarvi finendo per giocare ad un gioco in cui tra gli scommettitori viene ripartito solo circa il 70% di quanto hanno investito.
Come scrisse a suo tempo il grande Giorgio Caronna più scremi (togliere la crema che affiora, direbbe il dizionario, ma la sgrassatura va’ molto più a fondo….), più l’economia viene strangolata. Più aumenta il prelievo (o le tasse in generale) più va’ in crisi il sistema e l’ippica intera perché vengono uccise le pollastre che depositano le uova.
Il governo inglese di Blair, nella finanziaria di due anni fa si rese conto che gravare il puntatore di un 9% sul movimento faceva il gioco dei clanda e delle compagnie off-shore che non caricavano neppure un penny perché non pagavano tasse. E dalla sera alla mattina ha avuto il coraggio di azzerato quel 9%. Perché hanno capito che nel giro di tre o quattro anni la situazione sarebbe diventata ingovernabile e allora, meglio tagliarsi il braccio che vederlo finire in cancrena! Le scommesse ippiche inglesi sono aumentate di oltre il 50% e vanno a gonfie vele!
Negli USA, anche al cinodromo e comunque dove si gioca, all’uscita c’è sempre un bel cartello di ringraziamento per i “Patrons”. Che assomiglia a padroni ma non è la traduzione letterale ma ci assomiglia. Chi non ha i patrons non può campare ma i patrons siamo noi scommettitori eppure in Italia nessuno ci ringrazia, né all’entrata né all’uscita!
Più che a pensare a nuovi giochi la promozione per far tornare gente negli ippodromi a scommettere può essere attuata solo con un opportuno intervento del Ministero delle Finanze che intervenga per sgravare la percentuale di prelievo sul montepremi scommesse; una pressione fiscale italiana che non ha eguali in tutta Europa (nel mondo solo la Turchia riesce a fare peggio di noi).
Altrimenti saranno sempre più le persone che usciranno dagli ippodromi rispetto a quelle che entreranno, per un motivo di base: perché in Italia alle corse dei cavalli si perde troppo!
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