Carlo Zuccoli
Da www.nelrossdelluovo.com (02/06/2019 – 12:10)
Supplemento ai pensierini della sera dopo la due giorni di Epsom
Londra, 02 Giugno 2019
Questa mattina un lettore mi ha scritto un’e-mail chiedendomi, con molta cortesia e con molto interesse (lo deduco dal tono del suo scritto), di spiegare meglio il fattore margine dei bookmakers, etc.
Non ho problemi ad accontentare questo signore.
Quando gli analisti di un bookmaker, che molto spesso non sono i traders, elaborano le quote per ogni avvenimento sul quale il mondo (se uno opera in UK o in Irlanda il mondo può investire a mezzo Internet o a mezzo telefono presso quei bookmakers, mentre in Italia lo possono fare solo gli Italiani, dotati di codice fiscale: rob de matt!) si tiene un M.O.L.T (Margine Operativo Lordo Teorico) per sé, le quote non sono al 100%, e quel Margine, una volta conosciuto l’outcome, l’esito dell’avvenimento oggetto delle scommesse, può diventare positivo o negativo.
L’avvento della rete ha fatto sì che gli investitori sul mercato mondiale della scommessa facciano dei confronti tra i vari layers, tra i vari bookmakers, andando a “colpire” quello che ritengono abbia la quota “sbagliata”, secondo loro.
Per il retails business, per le sale corse, il “fumo” non gira così: chi frequenta una sala corse acchiappa le quote offerte o passa la mano, non gira tutta Londra alla ricerca della quota migliore, quindi i margini di quei bookmakers sono maggiori di quelli che operano on – line; molto spesso le due figure sono identiche e allora il margine, sul quale i bookmakers pagano il GPT (Gross Profit Tax) del 15% allo Stato e un altro 10% per le corse dei cavalli, come levy, per l’utilizzo dei dati, aumenta perché possono fare la media.
Ho cercato di spiegare ieri sera che la concorrenza sul web è pazzesca: ci sono offerte di tutti i tipi, dal numero dei piazzati ai rimborsi pubblicizzati in vari modi, etc. e quindi i margini scendono ancora e si assestano, per l’on – line, intorno al 2,5%.
Tutto ciò perché ogni bookmaker si comporta come vuole, nei limiti della correttezza professionale, ma non deve chiedere il permesso a nessuno per proporre le proprie offerte.
E questo margine così ridotto influisce sul montepremi per le corse dei cavalli in UK, perché quel 10% di GPT l’Ente di competenza lo utilizza per quello scopo: ma ci sono gli sponsors che tengono in piedi la baracca, di gran lusso: in Italia le sponsorizzazioni, vere, quelle con le “fresca” al traguardo, sono vietate, ripeto, sono vietate e lo ripeto ancora, sono vietate.
In Italia il gambling (betting & gaming) è statalizzato e i bookmakers che, ahimè si chiamano concessionari, devono seguire regole strettissime tanto che l’Agenzia delle Dogane e la Sogei stabiliscono anche l’orario nel quale possono fare pipì e se in quell’ora vogliono fare anche pupù se la devono tenere.
Addirittura i concessionari sono obbligati ad osservare gli orari per i mercati on – line e non possono fare nessuna operazione di hedging, di copertura, quindi, alla fine della fiera, hanno scoperture da “minestrari”, chi più, chi meno.
Se, in Borsa, gli investitori non potessero fare operazioni di copertura (i due mercati sono identici in tutto e per tutto) o se nei titoli della Borsa di Milano potessero investire soltanto gli Italiani in possesso del codice fiscale, ci sarebbe la rivoluzione.
E in molti comuni le sale corse devono restare chiuse durante le ore in cui i cavalli corrono o si giocano le partite di calcio.
Tutti si lamentano con i funzionari dello Stato preposti al gambling: tutti si dovrebbero rivoltare contro i “maestri” di questi funzionari che non fanno altro che fare il loro dovere, spesso obtorto collo, ne sono sicuro.
Qualcuno li ha imboccati all’inizio dell’operazione disastrosa di statalizzazione del gambling e qualcuno continua a imboccarli e questi ingurgitano tutto, incapaci di fare una selezione del cibo “avvelenato” che questi signori propinano loro.
E tutti i lobbysti dei concessionari, che conoscono pochissimo la materia, o non la conoscono del tutto, si sono fatti imporre dall’Agenzia delle Dogane la Tattersalls Regola 4, riveduta e corretta in senso “rapinoso”, senza obbiettare alcunché.
La Regola prevede la remunerazione degli investitori di successo nelle corse dei cavalli (mercato del vincente) in un certo modo, se uno o più cavalli non entra nelle gabbie di partenza.
L’ignoranza crassa in fatto di scommesse sia ippiche (sia sportive) ha fatto sì che il Signor Maurizio Ughi, che all’epoca aveva “le mani in pasta” al Mef, accettasse, senza fare una piega, il Totalizzatore Nazionale, voluto dall’Ing. Grassi e deciso in una riunione del Giugno del 1995 nella Sesta Commissione Finanze del Senato della Repubblica.
Il Signor Ughi, con la remunerazione del 10%, pensava di fare un affare anche perché diede in comodato gratuito all’UNIRE il suo sistema di collegamento tra le sale corse (tenendosi le chiavi di accesso), che diventò la base del Totalizzatore Nazionale, “fregando” quelli che volevano vendere il loro all’Ente.
Grassi e Ughi hanno rovinato l’ippica Italiana e ancora oggi non c’è una sola persona nell’ippica che conta, o che dovrebbe contare, che ha capito che il Totalizzatore Nazionale deve essere abolito.
Nessuno capisce alcunchè della materia e tutti propongono solo “cretinate” e operazioni di maquillage: la casa crolla, anzi è crollata e loro discutono quali mobili devono mettere in salotto.
Tutti al comando del Ministro Centinaio, sul quale è meglio sorvolare per evitare querele, e della Dottoressa Saltamartini, sorella dell’Onorevole Leghista.
Sono stato chiaro, caro lettore?
Stay with us.

Carlo Zuccoli

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